Per servire la nostra unità

Su ali d'aquila

Domenica 14 gennaio 2023 • II Domenica dopo l'Epifania


Egli manifestò la sua gloria. Quale gloria manifesta Gesù quel giorno a Cana di Galilea? Non è tanto la gloria di chi desidera farsi vedere per le sue prestazioni e le capacità: al contrario Gesù proprio nel momento del miracolo in cui colui che dirigeva il banchetto assaggia il vino nuovo, è come se si nascondesse, non vuole farsi vedere e riconoscere. Solo i servi sanno chi è l’autore del miracolo compiuto: e questo non è un caso, a mio parere, anzi.

E’ proprio nell’immagine dei servi che si rivela l’identità di Gesù. Gesù assume la nostra umanità e viene in mezzo a noi proprio per servire l’uomo. In che cosa? Il servire di Gesù non è il servire del ristorante, il servire nella logica del potere, no. Il servire di Gesù è l’amore per la nostra umanità, per l’uomo. E’ un servire che desidera che l’uomo scopra la sua vocazione autentica a essere felice, a essere chiamato a quella felicità che sa di non essere solo, smarrito in questo mondo. E se leggiamo bene la prima lettura, questo è il desiderio che Dio ha sempre avuto per l’uomo: il desiderio che il cammino dell’uomo sia un cammino felice nella verità, nel riconoscere cioè quale è il vero bene. Tanti oggi ci vogliono dire quale è il vero nostro bene, tanti propinano beni che all’apparenza sembrano buoni, ma che alla fine da soli, in sé, non aiutano. Quale è il vero bene per l’uomo? Quello di essere unito, di vivere in sé quella unità che sa valorizzare i diversi carismi, le diverse passioni, i diversi momenti della vita che vive. Sentire questa unità, viverla, rende veramente l’uomo uno strumento di pace, perché in sé vive questa pace con sé stesso. Tutte le ferite che sentiamo, viviamo in questo tempo non sono segno di una mancata educazione, di una educazione che fa buchi da una parte e dall’altra, ma sono invece il richiamo al nostro modo di essere uomini, sempre affrettati, sempre di corsa, mai capaci di interiorizzare quello che viviamo, di saperlo rileggere. Siamo bravi a dire che le cause sono sempre esterne… ma non ci accorgiamo che la causa del male di questo tempo proviene proprio da questa nostra mancata riconciliazione con noi stessi.

Ecco che allora la missione di Gesù continua a essere una sua priorità, anche nel nostro tempo. Gesù si rivela, epifania, perché il suo desiderio è quello di sposare la nostra umanità, il suo desiderio è che noi stessi sposiamo la vera e autentica bellezza dell’essere uomo, dell’essere donna, dell’essere umani. In questa missione, nel mezzo, c’è Maria, la madre di Gesù. Non ritengo un caso la sua presenza alle nozze quel giorno, alle nozze dell’umanità. Maria già in questo brano rivela la sua vocazione a intercedere per noi presso il Figlio. Maria mette davanti a Gesù quello che accade, quello che viviamo, confida in Lui. Non solo: nel suo fidarsi, Maria è come noi, scopre, vive anche lei il rivelarsi della identità umana e divina del Figlio, non vive una conoscenza a priori. E questo diventa per noi un incoraggiamento, a essere anche noi in cammino con Lei per scoprire chi è Gesù e soprattutto il legame fraterno che ci unisce a Lui, legame che ci rende Figli in Lui del Padre.

Il banchetto dell’umanità profetato da Isaia è il banchetto del compimento vero dell’uomo, il compimento pieno di quella promessa di pace che è l’uomo. Invochiamo in questa celebrazione allora il dono della pace interiore, l’unica che può placare ogni sete di potere e divisione, l’unica che può aiutarci a riscoprire la pienezza della nostra umanità, della nostra vocazione, e in essa riscoprire la bellezza di quella unità che è necessaria perché l’uomo sia uomo, sia veramente fratello, sia veramente Figlio di Dio.
 

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